Georges Simenon, La verità su Bébé Donge
Georges Simenon, La verità su Bébé Donge
Pubblicazione originale: 1942, La vérité sur Bébé Donge
Prima pubblicazione italiana : 1953, Mondadori, Milano
Edizione letta: 2001, Adelphi, Milano
All'apparenza, siamo di fronte al più classico dei gialli: in una normalissima domenica qualunque il signor François Donge viene avvelenato con dell'arsenico. Egli si salva grazie alle sue conoscenze chimiche e alla prontezza del medico del paesino della campagna francese in cui vive. Ma il mistero da risolvere in questo romanzo senza Maigret non è chi sia l'avvelenatore dell'energico imprenditore locale: la moglie Eugenie, che tutti chiamano Bébé, è stata vista dal marito, confessa senza battere il ciglio. Il nocciolo del romanzo è invece la disperata ricerca di un senso a quel gesto sconsiderato che si potrebbe definire folle, se non fosse per l'estrema lucidità d'imperturbabile donna che l'ha commesso.
È una domenica come tante altre nella villa in campagna dei fratelli Donge. La famiglia è presente al completo: François con la moglie Bébé e il figlioletto Jacques, il fratello Felix con la moglie Jeanne, sorella di Bébé e i figli, e la suocera, la corpulenta signora d'Onneville. I bambini giocano, gli adulti prendono il caffè sotto gli ombrelloni. Poco dopo, François corre in casa. Alcuni momenti e dalla finestra del bagno chiama il fratello. Le donne non capiscono nulla, né sembrano occuparsene. Viene chiamato il medico del paese e infine l'ambulanza. Bébé è sempre imperturbabile, non si scompone neppure quando il marito esanime viene portato via. È la sorella che, turbata, inizia a pressarla di domande, arriva a rincorrerla per le scale: Bébé non batte ciglio, chiede di essere lasciata sola e sale in camera a stendere un lungo elenco per la governante, cose da fare e non fare in casa e col bambino. Quando arriva l'ispettore, chiede solo della governante, prepara la valigia, scende già pronta per andare. Frattanto François, mentre lotta tra la vita e la morte, rammenta quel pomeriggio, quando la moglie ha servito il caffè dando le spalle a tutti, rammenta come ha fatto domande prive di senso come per distrarli, rammento la piccola carta che ha scorso in giardino, poi è l'oblio del dolore e dell'anestesia.
Al risveglio, inizia la sua ricerca della verità: Bébé è stata arrestata, si è dichiarata colpevole ma dice anche di non aver avuto alcun motivo per uccidere il marito. Allora perché? É la domanda che tormenta il convalescente, che inizia a rivivere la loro storia, cercando di cogliere quel qualcosa: da quando, per fare da chaperon a Felix e Jeanne, si erano incontrati, alla loro luna di miele quando lei aveva voluto che lui chiudesse le imposte e si era dimostrata inerte all'atto d'amore, come qualcosa di subito. Passano i giorni, François viene interrogato dal giudice istruttore ma non sa dare risposte, è certo solo che non sia un delitto passionale, da sempre sua moglie sa di ogni sua scappatella, è stata lei stessa all'inizio del matrimonio a chiedergli di raccontarle sempre tutto. Allora cosa? L'aver sconsigliato alla giovane moglie che ci metteva due ore per prepararsi al mattino di lavorare in ufficio con lui? L'aver pensato che l'avesse sposato per calcolo, perché non voleva restare sola con la madre? L'aver maltrattato la mascolina amica della moglie che gli invadeva casa in ogni momento, spingendola a non tornare più? Le domande si susseguono nella testa dell'uomo bloccato a letto la cui moglie con cui ormai condivideva solo la casa e i momenti con il figlio ora diviene un'ossessione: come si sarà vestita Bébé per l'interrogatorio? Avrà detto quella tal cosa in quel modo?
Quando è ora di lasciare l'ospedale e tornare a casa, i ricordi lo assalgono nuovamente: i primi tempi, quando la moglie aveva intuito le sue scappatelle con la segretaria e non si era scomposta, tutte le migliorie e i cambiamenti che le aveva permesso di fare alla casa paterna, quando gli aveva chiesto di attendere prima di avere un figlio. Tutto ora sembra far pensare ad una ricerca di attenzione che François non aveva mai preso in considerazione prima.
Il signor Donge torna a casa e si accorge con incredibile vividezza della distanza che lo separa dal figlio, tanto attaccato alla madre, e con cui lui condivide solo la pesca, l'aratura del campo di tennis e poche altre cose e che ora che Bébé non c'è non riesce quasi a guardare, tanto gliela ricorda. Rammenta quando la moglie si è infine decisa ad averlo, quel figlio, e quando il piccolo è nato come la moglie si sia chiusa nella casa di campagna per accudirlo. Intuisce che è questa la chiave per comprendere tutto il resto, la profonda solitudine in cui ha lasciato Bébé e dalla quale la donna ha cercato continuamente di mandargli segnali che lui non ha capito, ha frainteso.
Decide di fare di tutto per aiutarla, riaverla: le prende il migliore avvocato, non si costituisce parte civile. È durante il colloquio con lo squallido e grigio avvocato Boniface che François scopre i pezzi restanti del puzzle mancante. L'uomo gli legge parti dell'interrogatorio di Bébé: la donna ha dichiarato di aver premeditato per tre mesi l'omicidio del marito perché non c'era più nulla da fare, si trattava di lei o lui e la donna ritiene che un figlio abbia più bisogno della madre che del padre.
Il quadro è completo.
La verità su Bébé è svelata. Ora non gli resta che attendere il processo con spasmodica attesa.
Arriva il giorno dell'udienza. François è costretto ad attendere a casa, con i ricordi che si accavallano ancora una volta. Le ore passano, ma lui non resiste, deve recarsi in tribunale. Entra dal retro, sente la sentenza: cinque anni ai lavori forzati. La incrocia mentre la portano via e lei gli dice soltanto “ormai è fatta”. È finita. Ma non per François. Con poche parole finali, Simenon ci fa intuire che la strada per il signor Donge si è aperta alla pazzia, nell'attesa dell'improbabile ritorno di lei, e del perdono.
Non ci sono davvero valide ragioni su cui basarsi per comprendere perché il romanzo non sia stato pubblicato: a parte un vago accenno cancellabilissimo ad una ipotetica relazione omosessuale di Bébé con la mascolina amica Mimi Lambert, all'apparenza non v'è nulla che potesse incutere timore nella censura, a meno di vedere un pericolo nella mancata condanna da parte del marito della condotta della donna (che però viene condannata dalla legge, mentre il marito finisce del tutto pazzo). È più probabile che la mancata pubblicazione rientri nel periodo “nero” di Simenon con la censura italiana.
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